lunedì 24 marzo 2008

Ti racconterò di quell’uomo, quell’uomo creato da cinque linee, capace di tagliare la pelle come soltanto il vento, l’acqua e gli anni che passano, sono capaci di fare.
Quando parlava alla gente, era solito ripetere più volte parti del suo discorso, e ciò che diceva, aveva un’impronta diversa da quella che appartiene al comune “dialogare”.
Ma questo non era per lui un problema, sembrava conoscere ogni singola persona abitasse nel mondo, perché ognuna di esse lo trattava come amico, amante, conoscente, parente.
Spesso, mentre camminavamo insieme per la strada, mi è capitato di incontrare una persona cara, ed ecco che questa all’improvviso si avvicinava a lui, lo abbracciava calorosamente, gli occhi luminosi di gioia, e magari diceva cose del tipo: ‘che combinazione, vi conoscete! Ne abbiamo passate tante, noi due, sai?’ oppure ‘C’eri tu a consolarmi quella volta che….non lo scorderò mai!’ e ancora ‘ L’altra sera ci siamo proprio divertiti insieme agli amici a cui ti ho presentato, vero?’
E così via, ci avevo fatto ormai l’abitudine, anche se sempre, lui mi faceva sentire come se io fossi l’unica persona al mondo di cui si fidasse ciecamente, l’unica su cui lui potesse contare. Sembrava non avesse famiglia alcuna, pareva non avesse casa, eppure succedeva a volte che ci allontanassimo, per qualche tempo -silenzio assoluto- per poi ritrovarci, e stare bene come se nulla fosse accaduto, senza chiedere o dare spiegazioni.

Ed era bellissimo viaggiare insieme, perché in qualsiasi luogo andassimo, lui era quel luogo.
E non mi stupivo, quando lo ascoltavo parlare ogni lingua, come se ognuna di esse fosse quella che l’aveva partorito alla luce. Lui viveva di luce, e risate, e urla e pianti. E di parole, che tra le sue mani acquistavano una forma nuova, eternamente differente.
La maggiorparte delle volte, partivo solo, impaziente di trovarlo lì dove sarei approdato, perché sapevo che così sarebbe stato.
Ed eccomi entrare in un jazz club in America, e vederlo seduto al bancone, mentre sorseggia un drink e sorride allegro.
Cammino in un viale qualsiasi, a New Delhi, e lo trovo seduto su di un marciapiede in compagnia di individui del luogo che suonano strani strumenti, dal suono meraviglioso.

Tornavo a casa, dopo quei viaggi, ed ero nato una seconda, una terza, una decima volta.


Vorrei dirti ancora, e lo farò, te lo giuro.
Ma ne sono sicuro, hai capito chi è l’uomo di cui ti ho parlato.

Sono nato, e lui era con me.
Sono morto e lui mi parlava ancora, con note semplici, scarne, tristi, che non comunicavano nient’altro che dolore, nient’altro. Ma lui era con me.

Que linda es la musica…

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