martedì 29 aprile 2008

Trasloco

http://gambeincrociate.wordpress.com

mercoledì 2 aprile 2008

Sei davvero il mio quinto piano.
Ho conosciuto due persone che sono andate a trovare un posto in cui nascondersi, dimmi qual è.

mercoledì 26 marzo 2008

facciamo che mi chiamo lilia e facciamo un'altra scommessa
facciamo che ci guardiamo per altri tre minuti e che ci assaliamo dolcemente, ancora e ancora
fammi ancora una domanda sul 37
fammi trovare un'altra volta i miei due polmoni con un fazzoletto sdrucito in mano su cui ci sia scritto 'sorpresa
facciamo che io non mi addormento perchè sono troppo contenta di questo sogno così reale,
facciamo che esistono migliaia di visioni, tra cui un bambino con la pelle blu che coglie un frutto.
Facciamo all'infinito, anzi facciamo che faccio io, in silenzio. Ti amo

lunedì 24 marzo 2008

Ti addormenti insieme a tutti
E sei capace di essere come tutti.
Ma se fuggi da ciò che è
Naturalmente essere umano,
e nella notte vai ancora alla ricerca di qualcosa,
ti allontanerai di un passo dall’essere conforme.
E se la notte
Costituirà il prolungamento del tuo giorno,
allora diventerai quanto di più diverso esiste fra te e l’altro,
e non ricorderai più come si fa a vivere nella maniera che un tempo ti apparteneva,
un tempo in cui il tuo sole tramontava
laddove moriva quello degli altri.

Ti racconterò di quell’uomo, quell’uomo creato da cinque linee, capace di tagliare la pelle come soltanto il vento, l’acqua e gli anni che passano, sono capaci di fare.
Quando parlava alla gente, era solito ripetere più volte parti del suo discorso, e ciò che diceva, aveva un’impronta diversa da quella che appartiene al comune “dialogare”.
Ma questo non era per lui un problema, sembrava conoscere ogni singola persona abitasse nel mondo, perché ognuna di esse lo trattava come amico, amante, conoscente, parente.
Spesso, mentre camminavamo insieme per la strada, mi è capitato di incontrare una persona cara, ed ecco che questa all’improvviso si avvicinava a lui, lo abbracciava calorosamente, gli occhi luminosi di gioia, e magari diceva cose del tipo: ‘che combinazione, vi conoscete! Ne abbiamo passate tante, noi due, sai?’ oppure ‘C’eri tu a consolarmi quella volta che….non lo scorderò mai!’ e ancora ‘ L’altra sera ci siamo proprio divertiti insieme agli amici a cui ti ho presentato, vero?’
E così via, ci avevo fatto ormai l’abitudine, anche se sempre, lui mi faceva sentire come se io fossi l’unica persona al mondo di cui si fidasse ciecamente, l’unica su cui lui potesse contare. Sembrava non avesse famiglia alcuna, pareva non avesse casa, eppure succedeva a volte che ci allontanassimo, per qualche tempo -silenzio assoluto- per poi ritrovarci, e stare bene come se nulla fosse accaduto, senza chiedere o dare spiegazioni.

Ed era bellissimo viaggiare insieme, perché in qualsiasi luogo andassimo, lui era quel luogo.
E non mi stupivo, quando lo ascoltavo parlare ogni lingua, come se ognuna di esse fosse quella che l’aveva partorito alla luce. Lui viveva di luce, e risate, e urla e pianti. E di parole, che tra le sue mani acquistavano una forma nuova, eternamente differente.
La maggiorparte delle volte, partivo solo, impaziente di trovarlo lì dove sarei approdato, perché sapevo che così sarebbe stato.
Ed eccomi entrare in un jazz club in America, e vederlo seduto al bancone, mentre sorseggia un drink e sorride allegro.
Cammino in un viale qualsiasi, a New Delhi, e lo trovo seduto su di un marciapiede in compagnia di individui del luogo che suonano strani strumenti, dal suono meraviglioso.

Tornavo a casa, dopo quei viaggi, ed ero nato una seconda, una terza, una decima volta.


Vorrei dirti ancora, e lo farò, te lo giuro.
Ma ne sono sicuro, hai capito chi è l’uomo di cui ti ho parlato.

Sono nato, e lui era con me.
Sono morto e lui mi parlava ancora, con note semplici, scarne, tristi, che non comunicavano nient’altro che dolore, nient’altro. Ma lui era con me.

Que linda es la musica…

Strana serata


Immobilizzata bruscamente mentre correvo a perdifiato.
Salvata e gettata in un burrone più profondo ed ebano di quello precedente.
Nell’attimo della consolazione, mite, calda, gloriosa.
Disincantata e colma di
speranza.
Sono ignorante.
Voglio essere ignorante.
Trovo la risposta.
Voglio essere ignorante.
Una mano getta nell’altra qualcosa, vuole creare l’illusione-solo per sé stessa-di essere una mano che ha scopo, ma lei ha avuto la stessa premura.
Allora si cercano e si incastrano, per essere sicure del dolore che sentiranno: le unghie che affogano nella carne sono vecchie amiche, quando la loro sentenza non è rimandata da una meravigliosa vita che passa in mezzo a quelle stronze.

Le mie mani sono due puttane.
Non voglio pensieri che si articolano attorno al mio corpo, straziandomi.
Né desidero guardare, impotente, gesti colmi di vanità ed egoismo.

Vorrei, con tutta l’anima e la mente, trovarmi interdetta, e non comprendere
quei comportamenti spontanei che a volte, inaspettatamente, l’uomo getta ai miei piedi,
e fermarmi, un attimo soltanto, provare a capire, assaggiando una momentanea stizza,
poi chiudere gli occhi all’apparenza, sorridere, e chinarmi a raccogliere quel gioiello.

Voglio incontrare un’ amica che si chiami Umiltà,
le cui caratteristiche siano quanto di più umano esiste.

Forse per te quello che scrivo non significa niente, eppure per me non esiste nulla di più bello che sentirsi liberi e fiduciosi.
Lasciare che mostri e colombe volino insieme, in questo pezzo di carta,
e affidarli alle tue mani. E respirare a pieni polmoni. Prendi anche questi pensieri, per favore.

Ho tanto da dirti. Avrò tanto da raccontarti ancora.
E ci sono discorsi che abbiamo lasciato in sospeso, in un’altra vita, che mi piacerebbe riprendere.